A tutto gas

Ricomincia Restart


Visto che in due minuti è difficile sintetizzare questioni complesse, aggiungo qui qualche nota. La questione questa settimana è cosa sta facendo imbizzarrire il prezzo del gas, e cosa aspettarci nel prossimo futuro.

Questo il mio intervento:

Continueranno a crescere i prezzi del gas? Dipende. Alcuni ritengono chei problemi siano strutturali, e quindi permarranno nel tempo. Tutti i paesi occidentali stanno pian piano riconvertendo la loro produzione di energia, e il primo passo, ora anche in Asia, è abbandonare il carbone. Questo aumenta la domanda di gas, che inquina meno. Ma le compagnie estrattive non sono incentivate ad investire sulla produzione di gas, perché sanno che comunque il mondo vuole gradualmente abbandonaretutti i combustibili fossili.

Poi, in Europa abbiamo un sistema di disincentivi ad inquinare, il sistema di scambio di quote di emissione (ETS), che fa crescere i costi per chi produce e chi consuma combustibili fossili (da febbraio a oggi: da 33€ per tonnellata di CO2, a 58€). Per semplificare, diciamo che è una tassa per chi inquina, e il cui aumento pesa per un 20% degli aumenti delle bollette.

Dall’altro lato abbiamo chi pensa che la fiammata recente sia stata uno shock: improvviso, e temporaneo. A sostegno di questa ipotesi c’è il covid, ovviamente. Abbiamo avuto prima il blocco delle attività, che l’anno scorso ha portato i prezzi delle materie prime a crollare: ricordiamo che il petrolio ad aprile dell’anno scorso è arrivato a -38$. Questo ha causato fallimenti o almeno il crollo degli investimenti nella produzione; aggiungi che le scorte accumulate sono basse perché lo scorso inverno è stato molto lungo, e che ora grazie ai vaccini stiamo crescendo più di quanto ci si aspettasse. Abbiamo meno offerta e più domanda, si è creato un collo dibottiglia.

Poi, è in corso una crisi geopolitica. In particolare, la Russia è una fonte importante di gas per l’Europa (il 35% delle importazioni) e da anni sta costruendo un importante gasdotto che la colleghi direttamente alla Germania. I paesi dell’Europa dell’Est, e gli USA con loro, sono molto ostili al progetto, perché rischierebbe di tagliare fuori l’Ucraina e forse anche altri; e quindi il gasdotto ancora non è attivo. C’è chi pensa che per accelerarne la partenza la Russia non si stia sforzando di aiutarci…(potrebbe aumentare le forniture del 15% secondo la IEA).

Onestamente, mi sembra che tutti questi fattori contengano parte della spiegazione. Vorrei però chiudere con un ultimo fattoee: la speculazione. Il gas è una materia prima, ma anche un titolo che si può scambiare sui mercati finanziari, e la speculazione rende le oscillazioni di prezzo più forti e improvvise. Ad es. mercoledì scorso, in due ore siamo passati dal +40% al -9% rispetto al prezzo del giorno prima, solo perché Putin ha fatto dichiarazioni più distensive. In questa situazione, i prezzi possono sempre tornare sulle montagne… russe.

La risposta del Ministro della Transizione Ecologica, Cingolani, è qui (verso il minuto 10 più o meno):

https://www.raiplay.it/programmi/restart

Non sono d’accordo che l’aumento del prezzo del gas non c’entri con la transizione ecologica, anche se capisco che sia difficile dirlo apertamente. Il graduale abbandono (si spera) dei combustibili fossili è dovuto alla decisione di limitare le emissioni di anidride carbonica, non a una loro minore convenienza o al rischio che stiano per esaurirsi, come qualcuno sostiene (non Cingolani, che io sappia). Inoltre l’aumento del prezzo dei diritti di inquinare – per semplicità chiamiamo così il sistema ETS – è anch’esso un trend desiderato, non accidentale, figlio della teoria che concettualizza l’inquinamento come una esternalità (un costo dell’attività economica, che non ricade su chi ne è responsabile) e che il modo migliore di risolvere il problema sia internalizzare questo costo, cioè una tassa. Nelle politiche europee, l’inquinamento deve diventare gradualmente più costoso, per creare un disincentivo a inquinare. (magari su questo torneremo)


L’aspetto interessante è il vizietto europeo, di pensare che meccanismi di mercato, e in particolare aggiustamenti opportuni dei prezzi, risolvano tutto. In due minuti non ho potuto spiegare bene che Gazprom in realtà sta rispettando tutti i suoi impegni contrattuali, semplicemente non sta facendo niente di più, mentre l’Europa (e la Russia stessa) si trova con riserve più basse perché lo scorso inverno è stato più lungo del previsto. Ora domandiamo di più, e il prezzo sale. L’ambasciatore russo presso l’Unione Europea ha rilasciato un’intervista al Financial Times, spiegando che la situazione è figlia della decisione UE di fare meno contratti di lungo periodo (che bloccano i prezzi) e affidarsi di più al mercato. Hai voluto la bicicletta? E mo’ pedala. 

Questo ci porta al secondo vizietto europeo: quello di pensare a ogni mercato come se fosse in condizioni di concorrenza. Anche se il prezzo non fosse stabilito sui mercati finanziari, ed ignorando che si tratta di una tipica risorsa da rendita ricardiana e perlopiù distribuita in modo molto diseguale (leggi oligopolio), ci sarebbe il piccolo dettaglio che l’offerta richiede grandi e rischiosi investimenti (economie di scala), e che non può adattarsi istantaneamente a grandi oscillazioni, in alto o in basso, della domanda.
Fa più danni la teoria economica marginalista della spada.